La bicicletta verde è un film del 2012 della regista Haifaa Al-Mansour, candidato ai premi BAFTA 2014 nella categoria “miglior film straniero”. La storia racconta come Wadjda, un’irriverente bambina saudita, partecipa a una gara di Corano al solo scopo di vincerne il premio per comprare una bicicletta. Accanto alle sue vicissitudini, scorre anche il dramma della madre, rifiutata perché non ha partorito un figlio maschio.
La bicicletta verde è un film intimo e femminista, la cui bicicletta del titolo diventa un simbolo di libertà verso l’oppressiva società dell’Arabia Saudita in cui vivono le protagoniste. Un film da vedere, nonostante a tratti sia duro e crudele.
Nell'articolo:
La trama de La bicicletta verde
Wadjda è una bambina molto intraprendente di dieci anni che vive alla periferia di Riyadh, la capitale dell’Arabia Saudita. Nonostante viva in una società tradizionalista riesce lo stesso a giocare con il suo amico Abdullah e a usare la sua bicicletta.
Wadjda non può avere una bicicletta perché è una femmina, ma nel momento in cui vede trasportare la bicicletta verde del titolo al negozio in cui sarà venduta si pone l’obiettivo di comprarla. La bicicletta dei suoi sogni costa 800 riyal, somma di cui Wadjda non dispone, ma chiede al proprietario di tenergliela da parte finché non li avrà risparmiati.
La madre di Wadjda non è d’accordo con l’acquisto della bicicletta perché verrebbe considerato un comportamento sconveniente. Nel contempo il padre si limita a informare la famiglia della sua intenzione di prendere una seconda moglie per avere un figlio maschio, e i tentativi di dissuaderlo non valgono a nulla.
A Wadjda mancano parecchi soldi per acquistare la bicicletta dei suoi sogni, ma la sua scuola annuncia che il premio della gara annuale di recitazione del Corano ammonta a 1.000 riyal, un importo persino più alto di quello che le serve. La bambina inizia quindi a studiare con l’obiettivo di vincere la somma da destinare all’acquisto della bicicletta, senza alcuna motivazione spirituale.
L’impegno e la determinazione di Wadjda le fanno vincere la gara di recitazione del Corano, ma quando la preside le chiede come utilizzerà i soldi la bambina dichiara ingenuamente di voler comprare una bicicletta. Il pubblico quindi mormora indignato e la preside rifiuta di consegnarle il premio che devolve invece alla causa palestinese.
Il lieto fine de La bicicletta verde
Per fortuna il film non finisce con il premio confiscato. Asciughiamoci le lacrime di rabbia e andiamo avanti con il tasto play.
La sera del secondo matrimonio di suo padre, al quale Wadjda e la madre non sono state invitate, la bambina triste e rassegnata riceve in regalo da sua madre la tanto desiderata bicicletta verde. Le donne possono, e devono, quindi sostenersi e collaborare per un futuro migliore in cui oppressione e maschilismo spariranno.

Il significato del film La bicicletta verde
La bicicletta verde è un simbolo di libertà ed emancipazione. Le donne non possono andare in bicicletta e ogni personaggio è sottomesso ad assurde regole di moralità. La libertà però è anche il percorso affrontato dalla protagonista per raggiungere il suo obiettivo.
Wadjda, quando si iscrive a una gara di conoscenza del Corano solo per comprare una bicicletta, sfida senza rendersene conto le imposizioni di una millenaria cultura maschilista. La sua determinazione influisce anche sul tradizionalismo di cui è vittima sua madre, che con l’acquisto della bicicletta verde diventa un po’ più libera e ribelle anche lei.
Chi è la regista Haifaa Al-Mansour
Il film La bicicletta verde è diretto da Haifaa Al-Mansour, la prima regista donna di origini saudite, che oggi vive negli USA con il marito americano. Haifaa è nata nel 1977, ottava di dodici figli in una famiglia decisamente liberale.
I suoi genitori le permettono di studiare arte e letteratura all’università americana de Il Cairo. Una volta laureata, Haifaa insegna poi arabo e inglese presso una società petrolifera dal 2000 al 2008, mentre si appassiona al cinema.
Nel 2005 gira il documentario Women without shadows, selezionato per il festival di Abu Dabi, che crea polemica sull’Islam e l’obbligo di indossare il velo. Haifaa incontra il suo futuro marito proprio durante una proiezione di questo documentario all’ambasciata americana.
Segue quindi il marito a Sydney, dove ottiene un master in regia cinematografica. Nel 2012 torna in Arabia Saudita per girare il film La bicicletta verde, il cui titolo originale è Wadjda. Pensa che per molte scene girate nelle strade di Riyad, Haifaa ha dovuto nascondersi in un furgoncino e comunicare con la sua troupe attraverso un walkie-talkie per evitare problemi a farsi vedere dirigere degli uomini (!).
I suoi film e documentari trattano tutti il ruolo delle donne oppresse da una società maschilista. Curiosamente l’Arabia Saudita non ha sale cinematografiche e i film si possono vedere solo a casa, quindi non ho idea se i suoi film possono aggirare la censura o no.

Scrivimi nei commenti se conoscevi già il film La bicicletta verde e la sua regista Haifaa Al-Mansour. Mi interessa sapere nei commenti se come me hai pianto senza riuscire a fermarti guardando il film e se vuoi scoprire altri film su due ruote.